All’alba del primo conflitto mondiale, gli stati avevano avanzato le chiamate alle armi e cominciato ad organizzare gli eserciti. Il massiccio del Pasubio, attraversando i confini tra Veneto e Trentino, era ritenuto come uno dei presidi montuosi più significativi da conquistare e poi, successivamente, controllare. Il potenziale campo di battaglia si sarebbe potuto estendere dalle Valle del Leogra (in Veneto) fino alle zone limitrofe di Rovereto (in Trentino Alto-Adige). Fra gli obiettivi dell’impero austro-ungarico c’erano i territori lombardo-veneti e se fossero riusciti a sconfiggere gli Italiani sul Pasubio, in discesa dalle montagne, avrebbero avuto la strada spianata per l’invasione della pianura padana.
Il Pasubio era una sorta di sentinella naturale; dal lato italiano, si mostrava selvaggio, alto e non agevole da raggiungere. Le pendenze delle valli, rispetto a quelle dei rivali, erano sostenute e impervie. Dal lato austriaco si sarebbe invece potuti avanzare più dolcemente e l’organizzazione logistica sarebbe stata semplificata dalla conformazione del territorio. Insomma, prima di raggiungere i pascoli alti e le cime che li sovrastano, gli italiani avrebbero sicuramente faticato più degli austriaci.
Eppure, quando l’Italia entra in guerra – il 24 maggio del 1915 – i battaglioni italiani si attivano praticamente subito, cominciando a risalire la Valle del Leogra fino ad arrivare alle pendici del Pasubio.
Sprovvisti di accessi agevoli, cominciarono a risalire il più velocemente possibile verso la sella – Porte del Pasubio – posta a 1.928 metri. Questo punto, si sarebbe rivelato uno dei pilastri per la resistenza italiana. Ci si deve immaginare Porte del Pasubio come una piccola lingua di ghiaia e roccette che unisce due differenti complessi rocciosi sommitali. Come se fosse una piccola interruzione naturale di una lunga cresta, un taglio netto sulla montagna che consente di passare velocemente da un versante all’altro, dalle massime pendenze alle distese che conducono ai pascoli.
Insomma, un punto nevralgico sulla montagna; un pilastro su cui si baserà l’intera resistenza italiana.
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