04:00 del 21 agosto 1935.
Sedlmeyer e Mehringer, con dei carichi molto pesanti sulle spalle, si apprestavano ad entrare nel ventre concavo della montagna ancora buia.
Per un’impresa del genere, oltre alla dotazione alpinistica negli zaini c’erano viveri e materiali da bivacco. L’ascesa si sarebbe svolta in più giorni.
Estate 1936
In una frazione di secondo, dall’alto si sente un rumore. Un rombo sempre più vicino, sempre più tremendo. Una scarica di neve e roccia, una slavina, si getta nei precipizi dell’Eiger. Travolge ogni cosa, in una tempesta assordante che non lascia scampo. Hinterstoisser è sbalzato via dalla sporgenza su cui è arroccato e vola nel vuoto. Angerer impatta violentemente contro la parete. Dopo essere stato colpito alla testa, i traumi causati dalla valanga non gli lasciano alcuna speranza. Il suo corpo, il primo della calata, rimane appeso inerme e senza vita. Rainer che in quel momento sta assicurando, complici i pesi dei suoi compagni dall’altro capo, viene scaraventato verso il moschettone in cui passa la corda. Che stringe, tantissimo. Morirà soffocato dalla tensione esercitata dalla corda e da quel moschettone che spinge sul suo diaframma. Kurz miracolosamente resiste ma si ritrova in una posizione incredibilmente scomoda. Sopra di lui c’è Rainer, probabilmente già morto e impossibilitato nei movimenti. Angerer è invece sotto di lui ma è già spirato. Di Hinterstoisser nessuna traccia.
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