In Val di Fiemme tutto tace. Sono state giornate intense da risolversi in una notte cruenta. Le torce che alimenteranno il rogo sono pronte, così come i pali a cui legare le condannate. Sotto di loro ceppi, ramaglie secche e tanta paglia. Quella sera si condannano a morte delle donne, quella sera si manifestano in piazza le angosce, le isterie, le superstizioni, le credenze e i dettami di una società malata di verità.
Eh già, proprio verità: la grande burattinaia che detta le sorti di chi la minaccia.
I fili che governano le menti della popolazione a volte si aggrovigliano, si incastrano e non lasciano via di scampo nemmeno a chi, magari, si é sempre visto in paese, cresciuto proprio lì accanto ai carnefici e ne rappresenta le radici. Facce amiche incrociate nei campi a valle o negli alpeggi ad aiutare i pastori, nelle botteghe degli artigiani, nei forni, nella vita di tutti i giorni. Ma ormai non serve a nulla ricordare, la morte sta per essere innescata, la morte che serve ad estirpare, a purificare la vallata da qualcosa di esoterico. Qualcuno sussurra che si possa trattare del demonio.
Non si arrivava sempre alla condanna capitale, sarebbe esagerato descrivere un eccidio. Piuttosto si torturavano, si cercavano soluzioni alternative comunque invasive e svilenti. Ma perlomeno si rimaneva in vita, la morte rappresentava l’ultima soluzione. Sia nei tribunali civili che in quelli ecclesiastici, entrambi piuttosto affini su questi tratti.
Parlare di pena massima, con tutte le sue sfumature, in un ambiente sacro – come quello che dovrebbe rappresentare la Chiesa – è un processo scomodo. Se è vero che l’Inquisizione non si può ridurre a una carneficina di massa, in molti casi l’Inquisizione suggerisce però come l’essere umano sia molto distante da ciò che professa.
E spesso, chiedere scusa, non è sufficiente. Sempre che ovviamente lo si faccia.
Le fiamme partono lente, le stoppie bruciano e ustionano la pelle, scoppiettando tra urla di terrore e agonia. La piazza si scalda. C’è chi urla, qualcuno piange, c’è chi non guarda e c’è chi soffre. Il fuoco prende vigore, avvolgendo le donne a cui si spengono gli occhi e si carbonizzano le membra mentre rantolano l’ultimo acuto di vita, in una notte senza stelle. Le fiamme salgono e scoppiettano, mentre la folla volta le spalle alle vittime consumate dal rogo. Nate bambine, cresciute ragazze, diventate donne, trasformatesi in streghe.
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