“Quella non è montagna”

“Quella non è montagna” è la pesante etichetta appiccicata alle PreAlpi, all’Appennino e a tutte quelle vallate secondarie scarsamente battute. Difficilmente si prendono in considerazione, se non per qualche grigliata o scampagnata di famiglia. Eppure quei rilievi apparentemente anonimi e sempre uguali, quelli in cui la roccia si intravede soltanto se frana un costone, nascondono biodiversità, culture e tradizioni. Rappresentano dei potenziali nuovi punti di partenza per ripopolare le terre alte, per imparare a viverle, per garantire continuità di servizi. Inoltre, i prezzi al metro quadro sono a portata di stipendio medio. Meno debiti, mutui più snelli, aria pulita, ripristino delle infrastrutture, valorizzazione del territorio. Ne gioverebbero persone, paesi, contrade e relativi indotti. La chiave, a mio modo di vedere, c’è già: lavoro da remoto. Senza però compromessi, tagli di stipendi e/o stereotipi all’italiana.

Quella che vedi qui sopra è l’Alpe del Nevegal (BL)


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