Episodio 1
Nascere in guerra
Wanda Rutkiewicz si è messa in gioco, ha avuto la forza di prendere le catene imposte dalla società e disintegrarle a forza di braccia, gambe e tanta resilienza.
Ha afferrato un sogno e lo ha fatto proprio, fomentandolo con la rabbia nei confronti di un patriarcato dominante, alimentandolo con la tempra di un’infanzia condizionata da variabili spietate e incontrollabili.
Una donna completa che avrebbe potuto essere chiunque.
Scelse di salire i versanti delle montagne più alte del mondo, trovando le sue ambizioni in un progetto completamente al di fuori degli schemi convenzionali.
Fu capace di tracciare un solco – netto – tra il passato e il presente: l’alpinismo al femminile, tanto poco considerato, avrebbe dovuto spadroneggiare.
Per capire Wanda, per comprenderne la determinazione, per abbracciarne la forza, il coraggio e la visione, è necessario un approfondimento sul contesto storico dell’epoca.
Perché, soprattutto nei primi anni di vita, Wanda e la popolazione lituana (allora territorio polacco) venne travolta dalle manovre militari che interessarono i paesi baltici.
Episodio 2
Più forte della morte
A Plungé, la città natale della protagonista di questa storia – Wanda Rutkiewicz – i tedeschi spalleggiati dal lituano Jonas Noreika sterminarono più del 90% degli ebrei presenti in città.
Circa 1.600 persone caddero nelle foreste accanto alle ultime case, tutti e tutte nell’arco di 48h di rastrellamenti tra il 13 e il 15 luglio 1941.
Questi frammenti dello scontro tra nazisti e sovietici, accolsero Wanda Rutkiewicz in un mondo devastato dalla guerra.
Meno di 7 mesi dopo dal massacro di Plungé, nell’ospedale della città nacque una tra le alpiniste capaci di scrivere la storia sulle pareti più alte del mondo.
L’infanzia di Wanda non fu certo semplice e l’eco della guerra si riversò nella sua vita prepotentemente.
I bambini – all’epoca – si trovavano spesso di fronte a ordigni inesplosi o a rimasugli bellici.
Se poi ci mettevano le mani, il rischio di rimanere mutilati era tremendamente concreto. Ma a Wanda – e alla sua famiglia – andò ancor peggio.
Una mattina come quella di tante altre, uno dei fratelli Rutkiewicz rimase vittima proprio di una deflagrazione.
Non ci fu nulla da fare.
L’orrore della morte sfondò le certezze fanciullesche di Wanda, catapultandola in un mondo diverso, quello dei grandi. Ma lei, nonostante la perdita, reagendo al dolore, non si fece abbattere.
Episodio 3
Sul tetto del mondo
Wanda Rutkiewicz – attorno alle 14:00 del 16/10/1978 – riesce a mettere piede sul tetto del mondo. Quella donna, polacca, 35enne, è appena diventata la terza rappresentante femminile a toccare la cima dell’Everest, la prima europea e – in assoluto – la prima persona con cittadinanza polacca a raggiungere quella vetta.
Un exploit incredibile per la comunità alpinistica che ora ha una rappresentante in più.
E quella Wanda è una capace di rompere gli schemi, non teme la reazione della comunità alpinistica che non sembrò darle il credito che – invece – le venne riconosciuto a posteriori.
Ma non importava, quel giorno era veramente speciale per la Polonia intera.
Negli anni a venire avrebbero avuto due interpreti capaci di trasmettere quel qualcosa in più.
Uno avrebbe girato il mondo in nome di Dio, l’altra invece avrebbe trovato la propria fede nelle montagne e nell’intensa rivendicazione femminista che trascinò con sé in alta quota.
Un anno dopo, Wanda Rutkiewicz e Karol Wojtyła si incontrarono.
Gli venne portato un dono, un sasso dall’Himalaya.Lui a Wanda, disse queste parole “sembra che il buon Dio abbia voluto che salissimo così in alto entrambi, nello stesso giorno”.
Episodio 4
Una nuova vita
Durante un viaggio in moto, Wanda resta a piedi.
A bordostrada impreca infastidita contro il suo destriero che – ora – non corre più.
Mentre le macchine sfilano senza degnarla di uno sguardo, degli angeli all’interno di un furgoncino passano per di là.
Non corrono, veleggiano.
La osservano incuriositi.
Wanda non solo è una donna, in Polonia, in moto, ferma, a urlare contro la vita.
Wanda è anche una bella ragazza,ma non sembra avere 18 anni.
Perché non aiutarla?
Quella coppia di scalatori in furgone rappresentò un punto di svolta.
Tutto stava di nuovo cambiando, tutto stava per essere messo in discussione di nuovo.
Una nuova linfa cominciò a scorrere nelle vene di Wanda, non appena quei due la invitarono ad arrampicare.
Per la prima volta.
E quell’arte diventò una stella cometa, un’ispirazione, un sogno – da cui lei – non riuscì mai più a staccarsi.
Episodio 5
Femminismo e Himalyan Crown
Wanda si sente fuori posto anche se nel gruppo è tra le più forti.
Lo è stata da subito, da quella prima volta che le ha segnato irrimediabilmente le unghie e logorato le mani.
Calli da muratore e vesciche sui palmi le tolgono quella femminilità che – in fin dei conti – la contraddistingue.
Questa immagine la fa vacillare.
Chi ha deciso che le donne devono essere femminili?
Chi è stato ad etichettare un genere?
La battaglia che ha vissuto fin da piccola le torna in mente proprio in quel momento.Le invade la testa.
Le sfonda i pensieri, come un ariete di ghisa contro una porta di compensato.
La butta all’aria scardinando ogni stereotipo.
Wanda si guarda attorno, ci sono solo uomini seduti accanto a lei.Anche i cani sono maschi, solo maschi in quella notte infernale.
Poi c’è lei.
Le altre donne sono giù, a valle, nei paesi illuminati dal temporale.
Fisicamente al sicuro, psicologicamente ingabbiate da quegli stessi ruoli che vennero assegnati a lei fin dalla morte del fratello.
Quegli oneri che non si era mai scelta e ai quali non avrebbe potuto rinunciare.
Ora invece è lì, con una laurea in ingegneria elettronica in archivio, a far vedere a quei suoi amici l’eleganza delle donne in parete, a sbattergli in faccia il rispetto che va a prendersi salita dopo salita.
Wanda è brava, dannatamente brava.
Polivalente ed eccelsa, spavalda e coraggiosa, testarda e motivata a lottare contro il mondo.Un mondo dannatamente patriarcale.
Episodio 6
Il ruggito delle polacche sul Gasherbrum III
Al confine tra Cina e Pakistan c’è la quindicesima cima più alta del mondo, ancora vergine.
Nessun uomo ci ha messo piede, né toccato roccia.
Non è stata piantata nessuna bandiera a quota 7.952 metri, sul Gasherbrum III.
Al confine tra Cina e Pakistan, nei territori del Nord, c’è questa montagna che ispira i sogni di Wanda. Se ci riuscisse sarebbe una prima salita assoluta, se ci riuscisse con una squadra di donne sarebbe un capolavoro, se ci riuscisse potrebbe sperimentare per la prima volta la reazione del suo fisico nella zona della morte. L’11 agosto del 1975 Wanda Rutkiewicz e le sue compagne portano a termine un capolavoro, risalendo i crinali inclinati e innevati del Gasherbrum III.
Quella spedizione tutta al femminile – tutta polacca – guidata da Wanda riesce a scrivere un importante tassello dell’alpinismo mondiale. Su quella cima che non aveva mai accolto nessuno, su cui l’essere umano non si era mai avventurato, gli Dei delle montagne decisero che invece era giunta l’ora.
Episodio 7
L’impresa e il salvataggio sul Cervino
La radio gracchia mentre il vento si intensifica sulla montagna, l’oscurità di quelle giornate corte nel frattempo si prepara ad avvolgere il Cervino.
Kristyna arriva in vetta, Irena viene portata al riparo verso il basso puntando al bivacco.
Poi alza in volo un elicottero.
Quel giorno che stava per concludersi in tragedia, si chiude con un’impresa.
Wanda Rutkiewicz 3 anni dopo il Gasherbrum III ha portato a termine un’altra spedizione, una di quelle veramente difficili. Una prima invernale femminile al Cervino fa impazzire la stampa, che consacra Kristyna, Anna, Irena e quella leader tutt’altro che silenziosa che di cognome fa Rutkiewicz.
Anche in quell’occasione ci tenne a dar voce al movimento alpinistico di genere, sottolineando che “la parete non è diventata più facile soltanto perché l’avevamo scalata noi”.
Episodio 8
La scomparsa di Halina
Non sono nemmeno passate due settimane dall’arrivo al campo base che le alpiniste sono già attive sulla montagna.
Salgono e scendono per acclimatarsi, per battere la traccia, per verificare le condizioni della parete, per preparare l’assalto alla cima.
Nessuna donna è mai salita in cima al K2 e nessuna donna – purtroppo – riuscirà a farlo fino al 1986.
Le nuvole che si chiudono sopra la campo base sono diverse, opprimono.
Quella spedizione prende una strana piega, virando verso la tragedia.
Che ancora non si è fatta vedere, ma è lì.
Episodio 9
La prima donna sul K2
Wanda continua a credere nell’impresa mentre si allaccia la giacca.
Potrebbe essere lei la prima donna sul K2, lei o la compagna Liliane con cui è salita al campo alto dove hanno appena trascorso qualche ora di sonno.
Si allaccia i ramponi che sono più gelidi del ghiaccio, poi accende la frontale per trovare la zip della tenda che è incrostata da una condensa congelata.
Esce nella notte pakistana, illuminata da così tante stelle che non sembrano neanche vere; brillano sopra la sua testa, specchiandosi qua e là nella neve che ricopre ogni cosa.
Il silenzio è totalizzante, si sentono soltanto i ramponi che graffiano il terreno.
Episodio 10
Capolinea
l Kanchenjunga, il 13 maggio 1992, chiama Wanda Rutkiewicz.
Perché la cordata si spezza di netto.
Carsolio ha un altro passo rispetto a Wanda che perde contatto.
Sempre di più.
Carlos arriva in cima e dopo qualche foto di rito decide che è ora di far ritorno.
In discesa la incrocia di nuovo, ad un’altezza di 8.200/8.300 metri.
Vuole passare la notte lì, a bivaccare senza tenda né sacco a pelo per poi puntare alla vetta. Carlos cerca di farla desistere, non può permettersi un rischio tale in quelle condizioni.
È stremata, sfinita e senza la possibilità di proteggersi dal gelo.
Ma non ha intenzione di fare marcia indietro.
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