L’obiettivo di questi episodi è quello di “non parlare del Vajont” in merito ai fatti, ai morti, alla tragedia. Se n’è già parlato molto, di cose ne sono già state scritte tante e non voglio aggiungere altro. In questo 2023 però, il Vajont, mi ha portato più volte sulle tracce della memoria e sui grandi valori che devono essere tramandati. Li sentirai in entrambe le interviste che proporrò.Solidarietà, delicatezza, silenzio, supporto. Sono alcuni temi affrontati sia da Renato Migotti che da Paola Zambelli.
Episodio 1
Renato Migotti
Renato è nato in Val di Zoldo prima di trasferirsi a 9 anni a Longarone. Il 9 ottobre 1963 aveva 16 anni. E’ uno dei sopravvissuti a quella notte. Architetto, il suo studio è in pieno centro a Longarone. In linea d’aria, di fronte alla diga. Renato guida la fondazione “il futuro della memoria”, appassionato di montagna arriva in vetta al Monte Bianco e quasi su quella del Cervino. Gli sono mancati 200 metri, poi a quelle quote – insieme alle guide – ha deciso di tornare indietro. Insomma, 76 anni portati alla grande. Una cosa su tutte mi ha stupito: la forza di un uomo che ha saputo ripartire. In un mondo diverso, stravolto in pochi minuti da un disastro epocale.
Episodio 2
Paola Zambelli
Paola nel 1963 non era ancora nata. Ora è una maestra. Moderna e con una penna tagliente. Parla di memoria a un pubblico variopinto, con un’attenzione particolare a chi, di anni, ne ha meno. L’ho incontrata per un’intervista in merito al suo nuovo elaborato “La diga più alta del mondo – Vajont 1963”. Editando la puntata con Paola mi sono reso conto di come sia importante e potente la conservazione attiva della memoria.
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