L’ultimo fabbro: Anselmo Del Favero

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Annamaria Canepa. Incuriositi dalla sua tesi di laurea “La fucina Del Favero a Perarolo di Cadore. Proposta di musealizzazione del sito” ci siamo fatti raccontare dell’ultimo grande fabbro del paese. All’epoca Perarolo di Cadore era un riferimento commerciale e strategico, oggi invece segue il lento abbandono Cadorino. Dietro questo avamposto, un tempo patria di segantini, menadas, segherie, osterie, fabbri, mercanti e ricche famiglie ci sono storie incredibili. Una di queste è quella di Anselmo Del Favero, un fabbro minuzioso, capace di adattarsi a un contesto socioeconomico in progressivo declino.

“C’era un po’ un mito in paese che raccontava di questa persona. Me lo ricordo anch’io, come era il suo aspetto e come si presentava. Io da piccola – però – non ho memoria della sua fucina. Anselmo Del Favero ci ha lavorato fino al 1987, quindi avrei potuto vederlo da bambina, avrei potuto vederlo ancora in attività, ma non ho ricordi precisi di quegli anni. Quindi quando ho aperto le porte non mi aspettavo quello che ho trovato. Ho trovato una quantità di materiale indescrivibile, c’era di tutto e di più”

“Allora io sono una montanara di ritorno, sono una persona che è tornata a vivere in provincia di Belluno dopo aver lasciato la provincia. Mio nonno è cadorino, precisamente era a cadorino ed era di Perarolo, poi lui era andato a lavorare in tante altre parti d’Italia, mantenendo sempre il legame con Perarolo e quindi l’ho sempre frequentato tantissimo, ho sempre amato Perarolo e la provincia di Belluno, le montagne in generale. Principalmente d’estate.
Si andava a casa dei nonni che è un po ‘ quel posto dove si viveva l’estate. Tutto sommato mi sarebbe piaciuto vivere in un posto tipo Belluno perché mi sembrava una città ma allo stesso tempo in mezzo alle montagne e alla fine ho fatto così, sono venuta a vivere a Belluno. E da lì ho avuto la fortuna, per una serie di coincidenze, di iniziare a lavorare proprio a Perarolo, con un’idea di tesi. All’epoca studiavo lettere moderne. E da lì una cosa tira l’altra, mi viene offerto un piccolo lavoro di catalogazione in un museo, poi un altro, poi frequento dei corsi per imparare soprattutto la divulgazione e la gestione dei beni culturali, cosa che in effetti nell’area bellunese c’era veramente poco. Quindi io e quelli che sono attualmente i miei colleghi, siamo stati i primi divulgatori o comunque educatori museali, professionisti in zona. Ho iniziato a fare questa cosa in diversi musei e poi nel 2016, assieme a un altro collega Cadorino e ad altri che invece venivano da altre zone del Veneto, abbiamo fondato Trame di Storia (https://www.tramedistoria.it/) che adesso è un’impresa sociale che geestisce un museo, il Vittorino Cazzetta a Selva di Cadore. Si occupa soprattutto della divulgazione della storia dell’archeologia, in primis, e poi anche nell’ambito etnografico e artistico. Insomma, si cerca di parlare del patrimonio culturale in maniera coinvolgente, divertente.
“Posso parlarti degli ultimi vent’anni a Perarolo, dove ci sono stati alti e bassi, credo di averli vissuti, ci sono stati dei periodi in cui ci si dava molto da fare. Ricordo un grest estivo con 40 bambini. Meraviglioso e tante feste, tante attività e poi un periodo dove abbiamo perso un pochino, ma si cerca sempre di lavorare moltissimo. Poi ovviamente la vita dei paesi è una vita sempre ciclica, quindi non si può sempre pretendere che dal punto di vista sociale sia sempre perfetto, ci sia sempre un sacco di attività. Segue un po’ quello che è il destino di tutti questi paesi. È difficile vivere in un paese come Perarolo. Però, allo stesso tempo, è un paese che ha una grande attrattiva, forse per la posizione, per l’aspetto, per le case, per la sua storia.”


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