Mario Puchoz: la scomparsa del “più forte di tutti”

Episodio 1

Il 7 luglio del 1954 la spedizione italiana in Karakorum sta vivendo l’ultimo mese sulla seconda montagna più alta del pianeta. Non è stato un percorso semplice, lo sanno bene gli uomini che vivono ormai da settimane in condizioni estreme. In Italia, le vicende degli alpinisti e dell’enorme squadra – che punta alla vetta del K2 – sono gonfiate da una retorica che spinge molto sull’”eroicità” e sulla “conquista”. La gente mormora e attende la cronaca della stampa. I giornali sono ancora tiepidi quando vengono aperti nei tram di Roma, Milano, Torino. Uno sfarfallio di carta tra dita inumidite da saliva e calura estiva fa da sottofondo a carovane di persone dirette verso gli uffici. Finché in un mercoledì come tanti di mezza estate, il quotidiano l’”Unità” riporta una notizia. Una brutta notizia.

Episodio 2

“Allorché si era cominciata a diffondere la voce di una spedizione italiana all’Himalaya, Puchoz aveva drizzato le orecchie: i monti più alti della terra, che sogno! Questa di Courmayer è tra l’altro, è bene ricordarlo, la zona che dette a suo tempo le guide per le grandi spedizioni del duca degli Abruzzi al Karakorum ed Polo Nord con la “Stella Polare”. Detto fatto, Mario Puchoz si recò dal professor Desio, gli disse: “Sono stato sul Monte Bianco cinquanta volte. Ho fatto tutte le punte tra l’Aguille des Glaciers e il Monte Dolent. Mi vuole?” Desio gli battè una mano sulla spalla e lo fece venire a Torino per una visita di controllo.Il risultato fu ottimo. Cuore, polmoni, tutto a prova dei cinquemila metri. Quando poi egli e gli altri furono sottoposti in laboratorio a prove che riproducevano addirittura l’ambiente degli 8.611 metri del K2 qualcuno cedette: non Mario Puchoz, che superò la prova superbamente.” 

L’Unità – 7 luglio 1954


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